«La disabilità di una persona è relativa all’ambiente circostante: se devo entrare in un negozio e ci sono cinque gradini, se ho la carrozzina non ci posso entrare, se ho le protesi invece sì. Quindi nel momento in cui tutti abbiamo la possibilità di fare qualcosa, la parola disabilità non esiste più. Se volessimo immaginarci un mondo utopico dove ci sono “rampe” per tutti, intendo aiuti anche tecnologici per ogni tipo di disabilità, ecco, il concetto stesso non esisterebbe più». Il ragionamento di Bebe Vio è disarmante nella sua semplicità ed in fondo è su questo elementare principio che si basa la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità approvata nel 2006 e ratificata dal parlamento italiano nel 2009.
I principi ispiratori della Convenzione sono quelli delle pari opportunità con lo scopo di garantire e promuovere il pieno godimento dei diritti e delle libertà per tutte le persone con disabilità, principalmente eliminando tutte le possibili barriere, fisiche e sociali.
Convenzione Onu diritti delle persone con disabilità
Come spesso accade, però, ai principi non seguono azioni adeguate e ancora oggi, come ha recentemente denunciato Marco Farinelli sul sito di informazioni dell’Onu, la Convenzione Onu è largamente disattesa.
Eppure oggi la tecnologia, come sottolinea Bebe Vio in questa intervista, può fare la differenza e dare un importante contributo all’abbattimento di ogni barriera, architettonica e non.
Si discute, per esempio, di metaverso, lo spazio virtuale interconnesso con il mondo reale popolato da avatar per capire come esso possa diventare uno strumento utile per migliorare la vita delle persone in difficoltà per motivi fisici o mentali.
Il metaverso è un ambiente digitale generato da un computer in cui si entra attraverso un avatar che agisce attraverso la realtà virtuale, la realtà aumentata o entrambe. Sono già all’opera equipe di neuroscienziati convinti che questo “nuovo mondo” possa offrire un concreto aiuto terapeutico nella cura e nel trattamento di patologie psichiatriche o neurologiche, come fobie, disturbi dell’alimentazione, autismo e nella riabilitazione per recuperare la funzionalità di un braccio o di una gamba in chi è stato colpito da un ictus.
Al punto che sta emergendo la nuova figura del neuroscienziato traslazionale, capace sia di portare avanti la ricerca che di interfacciarsi con i medici per trovare le soluzioni di cui hanno bisogno.
Per altro, per restare al tema delle nuove professioni, il metaverso rappresenta un terreno estremamente fertile, come lo è stata a suo tempo internet che ha visto la nascita di professioni che prima non esistevano (dal marketing digitale al social media manager, dal creatore di contenuti per il web, al big data analyst).
Le nuove professioni del metaverso
Ora con il metaverso stanno prendendo piede nuove professioni e/o si stanno trasformando quelle che già esistono. Ad esempio, ci vuole un architetto “digitale” per progettare uno spazio virtuale. Servono anche grafici esperti di 3D e animazione, per non parlare di sviluppatori, programmatori, ingegneri informatici ed esperti di blockchain.
E forse non avevi pensato che un domani, se lavori con le nuove tecnologie, potresti essere di grande aiuto alle persone disabili.
Se tutto questo verrà messo al servizio delle persone e non (solo) del business lo scopriremo presto. Di sicuro le potenzialità della realtà virtuale o delle nuove tecnologie nell’aiutare chi è in difficoltà, come per esempio le persone disabili, ci sono tutte.
La tecnologia moderna mette già a disposizione strumenti e ausili impensabili solo fino a pochi anni fa: dalle sofisticatissime protesi in grado di permettere gli stessi identici movimenti di un arto umano alle tecnologie Li-Fi (acronimo che sta per Light Fidelity) che attraverso i fasci di luce trasmettono dati e informazioni e sono utili per persone affette da sordità o sono ipovedenti; oppure i guanti in grado di tradurre il linguaggio dei segni in testo su PC.
Ma lo spazio virtuale del metaverso promette di fare di più. Da un lato può contribuire ad “annullare” le diversità fisiche reali. Dall’altro potrà permettere alle persone con disabilità e deficit (visivi, sonori, motori) di poter “vedere”, “toccare”, “sentire” e “viaggiare”, ricevendo nuovi stimoli e facendo esperienze nuove, in un certo senso “alla pari” con i normodotati.
Non sono, probabilmente, le pari opportunità che associazioni, famiglie e Onu chiedono da decenni, ma ci si avvicina molto. Naturalmente non è detto che nel metaverso saranno davvero tutte rose e fiori. Sono in molti, infatti, a chiedersi se l’universo parallelo sia davvero un futuro positivo per il genere umano.
E resta il fatto che è ancora nel mondo reale che la maggior parte degli esseri umani vive e lavora. E questo è indiscutibile soprattutto per le persone con handicap, se è vero che è proprio in questa categoria di cittadini che si annidano povertà ed emarginazione con la conseguenza di tenere lontane le nuove tecnologie ancora appannaggio di chi può permetterselo.
Se nel metaverso o grazie ad altre tecnologie, le persone in carrozzina, non udenti o non vedenti possono ritrovare una sorta di normalità, accessibilità e indipendenza, nella realtà hanno sempre bisogno di assistenza per le necessità quotidiane; cioè di avere accanto persone competenti e sensibili, capaci di garantire loro – con gentilezza ed empatia – ciò di cui hanno bisogno, specialmente nei casi più difficili e gravi.
Così, ci sarà sempre la necessità – per le famiglie, ma anche per le imprese e le istituzioni – di poter contare su figure preparate e professionali.
Per diventarlo, come in tutte le cose, non bastano l’interesse o la passione. Serve studio e applicazione, perché è sbagliato pensare che quello del care giver o dell’assistente familiare sia un mestiere di ripiego o poco gratificante: interagire con le persone, specialmente le più fragili, richiede un surplus di attenzione e responsabilità oltre che conoscenze specifiche.
Se poi oltre ad avere interesse per le relazioni umane sei anche appassionato o appassionata di nuove tecnologie o hai dimestichezza con il digitale, allora il binomio è perfetto e sei già proiettato/a nel futuro: potrai svolgere la professione di assistente alla persona con una marcia in più.